Palmira (Siria)

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view post Posted on 28/8/2006, 20:41


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Palmira
testi tratti da Wikipedia, l’enciclopedia libera

Palmira fu in tempi antichi una importante città della Siria, posta in una oasi 215 km a nord-est di Damasco e 120 km a sud-ovest del fiume Eufrate. È stato per lungo tempo un vitale centro carovaniero per i viaggiatori ed i mercanti che attraversavano il deserto siriaco, tanto da essere soprannominata la Sposa del deserto. Il nome greco della città, Palmyra (Παλμυρα), è la fedele traduzione dall'originale aramaico, Tadmor, che significa 'palma'. Tadmor (anche Tadmur) (in Arabo تدمر) è l'attuale nome della cittadina sorta in possimità delle rovine, che dipende quasi esclusivamente dal turismo.

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La città è menzionata per la prima volta negli archivi di Mari nel 2° millennio a.C. A quel tempo era solo una città commerciale nella estesa rete commerciale che univa la Mesopotamia e la Siria settentrionale. Tadmor è citata anche nella Bibbia (Secondo libro delle Cronache 8.4) come una città del deserto fortificata da Salomone. La città di Tamar è menzionata nel Primo libro dei Re (9.18), anch'essa fortificata da Salomone.

Questa località viene tradizionalmente riconosciuta come Tadmor, ma qualcuno pensa che si possa trattare anche di una località vicina al Mar Morto.
Quando i Seleucidi presero il controllo della Siria nel 323 a.C. la città fu abbandonata a sé stessa e divenne indipendente. Palmira fiorì come città carovaniera durente il I secolo a.C.

Nel 41 a.C. Marco Antonio cercò di occupare la città, ma fallì nel tentativo.
In seguito Palmira divenne parte della provincia romana di Siria durante il regno di Tiberio (14-37). La sua importanza crebbe speditamente per il ruolo che ricopriva come principale via di commercio tra Persia, India, Cina e l'impero romano.

Nel 129 Adriano visitò Palmira e la proclamò città libera, dandole il nome di Palmira Hadriana.

A partire dal 212, il commercio palmireno diminuì a causa dell'occupazione sassanide del Tigri e dell'Eufrate.
Odenato, principe di Palmira, fu nominato da Valeriano governatore della provincia di Siria.
Dopo la morte del governatore, sua moglie Zenobia prese il potere, regnando in nome del figlio Vabalato.
La regina si ribellò all'autorità romana ed attaccò l'Egitto.
Nel 272 Aureliano la sconfisse e Palmira divenne una base militare per le legioni romane.
Diocleziano fortificò la città, assegnandole molte più legioni, per cercare di difendere Palmira dalle mire dei Sassanidi. Durante il periodo della dominazione bizantina furono costruite alcune chiese, anche se la città cadde ben presto in rovina.
 
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view post Posted on 26/1/2010, 16:47


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Vi posto un bel reportage di GIOVANNA D'ANGELO , tratto da www.ilreporter.com e rilasciato con licenza Creative Common.

Siria, i giardini segreti di Palmira

Certo quando si arriva a Palmira, l’impatto con le sue meraviglie archeologiche, con le sue colonne, con i suoi templi che affiorano piantatati da millenni nel mezzo del deserto siriano, con la stessa superbia della loro regina Zenobia, si è appagati al punto da lasciare il verde scuro e fermo dei palmeti poco oltre, solo come sfondo esotico di tanta bellezza.

Invece l’oasi di Palmira è un’esperienza in sé. E comunque già il vedere i templi da dietro gli alti ombrelli delle palme merita l’allungarsi in una passeggiata tra i muri di pietra e fango che nascondo i segreti giardini dell’oasi.

Kahtan, mi saluta mentre guardo i rami carichi di melograni acerbi che si piegano fuori dagli orli dei muri e ci invita nel suo giardino. Non immaginavo che nell’oasi ci fossero tanti diversi giardini e in effetti sono nascosti alla vista di chi passa, per questo è necessario un invito. Ci accomodiamo all’ombra di una larga tettoia di tronchi e di rami di palme secche.

Kahtan accende un fuoco per il tè alla cannella, poi si siede con noi e ci porta delle olive e un delizioso sciroppo di datteri. Ci spiega che l’acqua della falda viene erogata a turno in ogni giardino attraverso un sistema di canali che scorrono lungo i muri di cinta. Poi ci mostra le sue piante.

Le palme, prima di tutto, tante, in alto, lì a raccogliere il sole più duro e a dare datteri e ombra. Poi, sotto, gli ulivi, larghi su una terra chiara indistinguibile dalla sabbia, e i melograni che fuggono festosi dalle recinzioni. In basso, delle tenere piante di cotone appena germogliate. Il tè è pronto. I bicchierini di vetro sono sistemati su un tronco di palma che fa da tavolino.

Anche i datteri sono dolcissimi. Kahtan tira fuori una sorta di taccuino dove annota in caratteri arabi la pronuncia di alcune parole nelle lingue di chi viene a trovarlo in modo da memorizzarne il suono. In genere sono tedeschi o inglesi quelli che si avventurano tra i sentieri dell’oasi.

Ci serve ancora del tè e apre un bel libro francese sulla Siria in cui c’è una sua foto nel capitolo dedicato a Palmira: “Palmyre. Le Bédouin Kahtan et la palmeraie”.

Quando andiamo via dal suo giardino, portiamo con noi un piccolo pacco con i datteri di quel pezzo di oasi e, negli occhi, i gesti eleganti di Kahtan, flessuoso nella sua tunica chiara, con la sua kefiah rossa dietro i rami degli ulivi.
 
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