Nona tappa:
MARIJAMPOLĖ
Subito dopo la partenza, il territorio diventa sempre più collinare, rendendoci il viaggio sempre più faticoso. Ma resistiamo. Il cielo è nuvoloso e fa freddo, anche mentre si pedala, anche in salita. Solo a mezzogiorno godiamo di temperature quasi estive, ma il sole non si mostrerà mai nemmeno un secondo.
Il portapacchi della mia compagna di viaggio, stremato dal carico, decide di abbandonarci, e si spezza parzialmente. Ci fermiamo in prossimità della frontiera, senza sapere come fare a ripararlo. Un cicloturista marocchino capita proprio al momento giusto. Gentilissimo, si ferma, tira fuori il suo sacchetto di attrezzi e fissa con due fascette il portapacchi. Lo ringrazio tantissimo. "Figurati, - dice lui - solidarietà tra ciclisti, è il nostro patto!" ammicca e riparte per la sua strada. Ma i problemi non son finiti qui...
Ci fermiamo a mangiare il nostro ultimo pranzo polacco in una specie di autogrill in cui il gestore (e unico presente) impana le nostre cotolette davanti a noi e ci prepara i
pierogi al momento.
Alle 14:30 superiamo la frontiera lituana. La dogana è deserta. Ad accoglierci è una strada la cui corsia di emergenza è sterrata, purtroppo per noi, e i cui utenti hanno comportamenti ben diversi da quelli polacchi. In particolar modo ricordo i grossi camion che trasportavano legname: non rallentavano minimamente, si limitavano ad avanzare col clacson spianato. Alcune auto, inoltre, hanno un motore molto particolare: una volte passate, lasciano dietro di sé una fitta nebbia bianca e maleodorante che permane per svariati minuti. I miei poveri polmoni hanno sofferto!
I primi edifici che ci accolgono sono casermoni francamente orribili stile sovietico. A parte quello, c'è una gigantesca, collinare campagna tutto attorno a noi. Campi gialli e bruni, cicogne e falchi.
Più ci avviciniamo a
Marijampolė (una città tra le più grosse e le più vicine al confine polacco in Lituania) e più la campagna domina. Il nostro campeggio è a 8 km dalla città. Le strade asfaltate cessano non appena si lascia quella principale. Affaticate dai chilometri percorsi, ecco un bivio...
< Aspettami qui: vado avanti io, se è quella giusta ti mando un sms.>
L'ho fatto tante volte quando ho visto che la mia compagna era stanca, ha sempre funzionato bene. Questa volta, però...
Vado avanti, un paio di km, ed ecco il campeggio. Felice di aver raggiunto la meta, lascio a terra bici e bagagli dopo aver inviato un sms alla mia compagna. Davanti a me, due grossi corvi imperiali gracchiano vicino al loro nido artificiale.
Aspetto. Nessuna risposta.
Aspetto ancora.
La chiamo, non risponde.
Provo a chiamare mia madre: il cellulare funziona. Le chiedo di chiamare la mia compagna, ma anche lei non riesce.
Allora, stanca morta, riprendo la bici e parto alla ricerca. Le colline ti ostruiscono la vista, se gridi il tuo fiato viene bloccato dal terreno. Il sole comincia a tramontare, e io a spaventarmi.
La cerco ovunque, in lungo e in largo... Non la trovo, ma tre cani randagi trovano me: mi rincorrono per un buon tratto, uno riesce a mordermi al polpaccio. Sanguino, ma non ci penso, una cosa per volta.
A un certo punto, vedo un uomo tutto agitato sulla piccola strada sterrata. Mi ferma. È vestito di un camice bianco macchiato di sangue. "
Italian?" mi chiede. Annuisco, gli chiedo se ha visto la mia amica. Subito mi rifila il suo cellulare: "
it's your mum!" mi dice, tutto felice.
< Mamma?!> chiedo, incredula.
< Ciao Cate, mi ha chiamato 'sto tipo...>
La mia compagna aveva lasciato un messaggio per me: il suo cellulare era scarico e lei sarebbe tornata alla strada principale. Mi aveva chiamata con il cellulare di quell'uomo (un gentile macellaio), ma io ero alle prese con i randagi.
Riprendo la bici dopo aver ringraziato il macellaio, raggiungo la strada principale. La mia amica mi corre incontro, mi abbraccia piangendo e dicendo che si era spaventata e che le dispiaceva di essersi messa nei guai.
Torniamo in campeggio, ma ora abbiamo un altro problema: il mio polpaccio e il dannato cane rabbioso che l'ha morso.
Dovevo fare l'antirabbica. E dovevo farla il più presto possibile.
Ma il sole era ormai tramontato, e l'ospedale più vicino era a 8 km. Così parlo con il gestore del campeggio, che non parla una parola di inglese ma che gentilmente mi passa suo figlio al telefono. Gli spiego il problema, e lui mi manda sua moglie: un'infermiera.
La giovane donna, Zydrune, gentilissima, mi porta con la sua auto in ospedale. Aspetta con me il mio turno, spiega quanto accaduto in lituano, e poi gli infermieri mi portano nella sala operatoria. Essere morsi da un cane rabbioso, mi rivela Zydrune, è un evento piuttosto comune in Lituania, dove la diffusione della rabbia è ancora piuttosto elevata. Un'infermiera mi fa piegare su un lettino e in meno d'un secondo mi ritrovo una siringa nel gluteo. Il siero curativo brucia, mentre un'altra infermiera mi pulisce la ferita. I medici sono gentili e mi fanno pagare solo la dose di siero. Mi danno poi una tabella, che io guardo con aria interrogativa e un poco disperata. Zydrune conferma i miei timori: mi attendono altre quattro dosi di siero, di cui una proprio qui in Lituania.
Torniamo in auto. Zydrune ci chiede se siamo affamate. Noi, non avendo cenato, affamate lo siamo eccome, e così lei si offre di portarci in un centro commerciale a prendere una cena e una colazione per domani. La ringrazio ancora moltissimo. < Probabilmente mi hai letteralmente salvato la vita.> le dico. Zydrune ride. < Sono un'infermiera, è il mio lavoro! E poi, avete 18 anni, potreste essere le mie figlie... E se mia figlia fosse in pericolo in Italia, io vorrei tanto che un'italiana la aiutasse.>
Così prendiamo due pizze che sono sorprendentemente buone e scorte di biscotti per la colazione del giorno dopo.
Zydrune ci riaccompagna in campeggio. Fuori è buio e fa un freddo incredibile per essere agosto, la tenda è ancora da montare. La donna rabbrividisce e ci dice: < Dormite pure nel rifugio del campeggio, scegliete la camera che più vi aggrada e dormite bene. Se avete bisogno di qualsiasi cosa chiamatemi.>
Non ci farà pagare niente: né per la benzina, né per il tempo speso, né per l'ospitalità nel rifugio invece che nel campeggio.
Una volta tornata a casa, le manderò una sciarpa di kashmir sperando che tenga quella donna angelica sempre al caldo.
Il rifugio è una bellissima struttura interamente in legno, con tre bagni, una sauna, una sala con due pareti a vetro che danno sul laghetto del campeggio e... Rospi. Tantissimi, grossi rospi a macchie scure che sentendo il freddo cercano rifugio dall'autunno incombente nella casa. Zydrune ci avvisa di non avvicinarci troppo, perché oltre essere urticanti come i normali rospi, sono in grado di sputare il loro liquido urticante.
Andiamo a dormire stanche come non lo siamo mai state in vita nostra.
Foto:
La sottoscritta al confine lituano:
Colline lituane:
Cicogna nei campi:
La mia prima dose di antirabbica