Parte centrale della Via della Seta, di Raffaele Banfi

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S o n i a
view post Posted on 5/8/2006, 10:09 by: S o n i a


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sabato 16 aprile 2005. Konye Urgench - parte prima

L'alzata mattutina è accolta dalla visione delle mura di Khiva, le imponenti mura vengono pian piano illuminate e riscaldate dal sole.
La colazione è a base di uova, pane passato nell'uovo, crepes dolci, marmellata, il tutto accompagnato da the verde o Nescaffè (siamo solo al secondo giorno ed il caffè italiano comincia a mancare).
Caricati i bagagli sul pullman partiamo verso il Turkmenistan, attraversiamo la parte nuova di Khiva costituita da abitazioni basse, ognuna con un pezzo di terreno per la coltivazione degli ortaggi ed all'esterno un telaio di legno dove viene fatta salire la vite (refrigerio estivo e produzione di uva). Sui tetti delle abitazioni compaiono perennemente le coperture di eternit. Parte delle abitazioni sono un retaggio del dominio sovietico. La zona è caratterizzata da molti canali d'irrigazione. Il deserto è a tratti bianco, finalmente scopro il perché, è la salgemma che affiora dal terreno, un vero problema quando dovevano costruire le cisterne perché dovevano far sciogliere il sale presente nel terreno prima di poter rendere l'acqua potabile, che comunque era utilizzabile solo bollita.
La strada verso la frontiera è lunga 70 km, tutti caratterizzati da terreno irrigato e coltivato, si vedono risaie, terreni coltivati a erba medica, a grano ed altri appena arati e destinati alla coltivazione del cotone.
Arriviamo in dogana, vedo carretti carichi all'inverosimile di cipolle o di patate, sono spinti a mano da più uomini contemporaneamente. Siamo in coda, la guida ci ha vivamente sconsigliato di scendere dal pullman per evitare d'essere depredati dalla fiorda di ragazzini presenti in loco.
Continuano a transitare carretti trainati e spinti da persone, il trasbordante carico è sempre cipolle o patate. Dopo circa 1 ora d'attesa passiamo il confine dell'Uzbekistan, un cancello di ferro fa accedere alla zona neutra, un lungo canale di terra di nessuno largo circa 1 km caratterizzato da una serie di recinti di filo spinato e strade interne transitabili solo ai mezzi militari.
Lasciamo il pullman, procediamo a piedi, ognuno col proprio bagaglio, è assolutamente proibito far foto o riprendere. Fatti pochi metri, su uno spiazzo, vediamo i carretti di cipolle o patate fermi, stanno trasbordando manualmente i sacchi su camion. Noi saliamo su dei pulmini che ci traghetteranno attraverso la zona neutra alla frontiera del Turkmenistan percorrendo una strada a tratti asfaltata.
Pian piano il gruppo si riunisce, con un ulteriore pulmino arrivano le valige. Conosciamo la guida che ci accompagnerà per il paese, si chiama Mussah, parla inglese e Maurizio dovrà costantemente tradurre, tutta la visita sarà rallentata dalla traduzione ma, penso, questo permetterà d'aver più tempo per osservare i posti che visiteremo. Inizia la compilazione dei fogli d'ingresso, parte li ha già compilati Mussah e noi dobbiamo solo completarli e firmarli. Consegniamo i fogli ed inizia l'attesa sotto il sole ventilato del deserto. L'attesa è di 2 ore, finalmente s'inizia ad esser chiamati, le guardie di frontiera hanno i nostri passaporti con i visti e come in un piacevole esercizio linguistico si divertono a chiamare gli italiani per nome. Anche i doganieri turkmeni indossano divise di origine russa, si notano i classici capelli a padella, l'atteggiamento è molto professionale, impassibile, sembra che stiano controllando chissà qual genere di persone, bisogna rimanere seri ed evitare commenti, il personale alla frontiera è molto suscettibile, ma noi italiani, col nostro charme, riusciamo lo stesso a ridacchiare un poco e far sorridere pure loro. Alla fine riusciamo a passare la dogana, ci sono volute 4 ore per transitare dall'Uzbekistan al Turkmenistan.
Usciti dalla dogana troviamo il nuovo mezzo di trasporto, 3 pulmini, 2 dedicati alle persone, uno dedicato alle valige. Saliamo e partiamo per la città di Konye Urgench dove sostiamo per il pranzo. Verdure, zuppa, carne, riso. La pulizia del locale lascia desiderare. Ripartiamo verso la parte archeologica, posta fuori dalla città in mezzo al deserto.
Il paesaggio di questa parte del Turkmenistan è caratterizzato dalle tradizionale case di argilla e paglia, abitazioni circondate da molte piante, da terreni coltivati. Noto che le file di piante messe in modo da fungere da tagliavento contro il continuo vento del nord.
Durante il tragitto, viaggiando sul primo pulmino perdiamo di vista il secondo, si fa inversione di marcia e poco dopo lo rivediamo, è fermo perché ha bucato una gomma posteriore, essendo gemellate, la marcia prosegue ma a minor velocità. L'aria condizionata non è presente e l'unico refrigerio è dato dal finestrino abbassato che permette un pò di ricambio d'aria.
Dopo qualche decina di minuti di viaggio in mezzo al deserto, avvistiamo una costruzione, siamo arrivati alla zona archeologica di a Konye Urgench (LP 486), è quello che rimane dell'antica città sviluppatasi sulle rive del fiume Amu-Darya e successivamente abbandonata per lo spostamento del letto del fiume che la lasciò senz'acqua.
Visitiamo il Mausoleo di Turabeg Khanym, del XII sec. (LP 847). L'edificio è costruito con mattoni di fango e paglia, l'interno decorato con maioliche policrome. Anche se il nome Mausoleo deriva dal fatto che sono state trovate tombe nella cripta ( non accessibile ai turisti); sull'antico uso della costruzione gli archeologi hanno fatto molte ipotesi, tra cui che fosse una sala riunioni con trono. L'entrata è a doppia porta lignea, la sala esagonale di fronte all'entrata la possibile posizione del trono. E' una costruzione dall'architettura unica, fatta di mattoni cotti posti sia verticalmente che orizzontalmente, sotto la cupola, 2 file di finestre, nella prima 12 rappresentano i mesi e nella seconda 4 finestre rappresentano le stagioni. Sulle pareti sono presenti scritte sufi e versetti del corano. L'adiacente minareto è stato distrutto da Tamerlano, oggi ne resta solo la base di 10 mt di diametro.
Attualmente esiste un progetto dell'Unesco per restaurarle completamente la struttura e farla divenire patrimonio dell'umanità.
Con l'arrivo degli arabi, che dominarono il territorio per 150 anni, l'edificio fu abbandonato e l'antico utilizzo si perse nella memoria, sta alla paziente ricerca degli archeologi e degli storici ritrovarne l'uso originale. A rigor di cronaca i primi archeologi che lavorano sulla Moschea erano cinesi.
Poco distante, posto in mezzo al deserto come un solitario pennone, si vede il Minareto di Gutlug Timur (LP 487), del XIV sec., la cui altezza di 64 mt lo inserisce fra i più alti dell'Asia centrale, oggi appare leggermente inclinato a causa del terremoto del 1914, tutto intorno si vede il perimetro dell'antica Moschea distrutta durante le varie invasioni.
Proseguiamo fra quelle che oggi sono le tombe del cimitero mussulmano e raggiungiamo il Mausoleo di Khorezm Shat Tekesh (LP 487), una costruzione del 1172, anche qui esiste un dilemma sullo scopo reale della costruzione, in quanto non sono stati ritrovati scheletri ed esistono molte sure (versetti e corano). La costruzione ha una doppia cupola, quella esterna è conoidale. Poco distante esiste una collina dove nel XIII sec. sorgeva un osservatorio astronomico, di cui ora non resta nessuna traccia.
Poco distante il Mausoleo di Il-Arslam, del XII sec. contiene le spoglie del padre di un importante sultano, che il figlio ha voluto tumulare il quel posto. La cupola è originale, non è rotonda ma conica a 12 lati.
Durante la sosta gli autisti hanno sostituito il pneumatico precedentemente bucato. Ripartiamo con i nostri pulmini, la strada è asfaltata ma la velocità non è eccessiva. A bordo, col caldo del sole e col refrigerio dell'aria proveniente dai finestrini abbassati a turno ci addormentiamo, ogni tanto siamo svegliati dai sobbalzi del furgone che prende qualche buca.
.... segue ....
 
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