| domenica 24 aprile 2005. Tashkent - parte prima
Sveglia alle 6,00, visto che è domenica Santa Messa, colazione e poi partenza per Tashkent. L'oasi si Samarcanda con le sue piante, il suo verde scompare velocemente, lasciando la vista libera di spaziare sulle distese di campi coltivati a cotone, ovvero il deserto rosso irrigato dai sovietici e trasformato in enormi, interminabili, infiniti campi di cotone. Campi a perdita d'occhio dove, dicono gli uzbeki, trovar da mangiare qui è impossibile, il cotone non si mangia!! Nurik ci illustra il rapporto tra il cotone ed i contadini uzbeki, come viene divisa la ricchezza della nazione ed il sistema economico che la sorregge. Ci descrive la retribuzione; i contadini, per una tonnellata di cotone che raccolgono e consegnano, ricevono in cambio 500 dollari, più l'olio che viene estratto dal cotone, più il vegetale trasformato in mangime per gli animali. Il paesaggio è verde grazie solo alla costante e continua irrigazione dei campi, si procede verso le montagne e, quando la strada sembra sbarrata, costeggiando un fiume, transitiamo per "la porta di Tamerlano", una spaccatura naturale nella roccia della montagna, dove si dice, che i sudditi aspettavano l'imperatore per accoglierlo dai suoi ritorni vittoriosi. I chilometri proseguono, dal finestrino del pullman si continua a scorgere campi di cotone alberi e piantagioni varie, ogni tanto compare qualche piccolo e sperduto villaggio. Una sosta "per problemi idraulici" ci permette di scendere a sgranchirci le gambe, abbiamo appena oltrepassato un crocevia stradale, vi sono dei punti di ristoro, è presente un improvvisato mercatino di verdura e latticini. Ogni tanto tra auto delle più diverse, e non solo per modello ma per età d'immatricolazione, transitano dei pullman diretti a Tashkent, la capitale è identica in ogni stato, funge indiscutibilmente da grosso e polarizzante punto di richiamo. Il locale dove si fermano a far colazione gli autisti e le guide, è simile ad un nostro chiosco, il pane è sfornato fresco insieme ad alcune brioches di forma locale. Mi soffermo a vedere la cottura del pane. Il forno è praticamente una cupola con nella parte superiore un coperchio metallico che funge di passaggio per la legna e per il cibo da cucinare. Il fuoco sta nel centro, una volta che il forno è in temperatura il pane da cuocere viene attaccato alle pareti interne del forno, la forma rammenta la nostra pizza o piadina, essendo pane senza lievito la cottura avviene abbastanza velocemente. Il pane cotto, fragrante e profumato viene servito caldo. Riprendiamo il viaggio, malgrado la strada scorrevole la velocità non è eccessiva anche a causa di mandrie di bovini o ovini che attraversando improvvisamente la carrozzabile costringono l'autista a brusche ed improvvise frenate. Si procede fra campi coltivati, poi un lungo tratto di deserto rosso, ricompaiono i campi, gli alberi, s'intravedono i tralicci dell'energia elettrica, la capitale si sta sempre più avvicinando. Dopo 340 chilometri percorsi in 5 ore di viaggio giungiamo a Tashkent (LP 186), la capitale dell'Uzbekistan. Nella città come visto all'inizio di questo tour i modernissimi palazzi accentuano il contrasto con le fatiscenti costruzioni sovietiche, che alla luce del sole, appare molto più forte di quanto intravisto qualche giorno fa. Enormi viali attraversano la città e rendono scorrevole il traffico. Vediamo il nuovo sfarzoso palazzo del parlamento, quello del senato che è in costruzione, il conservatorio, il palazzo della fratellanza preceduto da un'enorme piazza con al centro la classica, statua (in stile prettamente sovietico) di bronzo su piedestallo di marmo rosso, transitiamo dal parco dei ricordi (contenente una lapide con tutti i caduti della seconda guerra mondiale). Raggiungiamo l'hotel Le Meridian dove, appena giunti dall'Italia abbiamo pernottato la prima notte. La piazza antistante all'hotel, col sole appare ampia, di fronte all'albergo il teatro. Prendiamo le camere, recuperiamo e bagagli ed accendiamo la TV per avere notizie dall'Italia, vediamo l'inizio della prima cerimonia domenicale di Papa Benedetto XVI. Pochi minuti e scendiamo per il pranzo. Ci trasferiamo all'hotel Uzbekistan, un cinque stelle locale (in Italia ne avrebbe forse tre). Saliamo al 17° piano e pranziamo al ristorante. Verdure, zuppa, carne. Dalla terrazza la visione è ad ampio raggio, piante, costruzioni sovietiche e moderne. In lontananza le abitazioni scompaiono e lasciano posto al deserto rosso coltivato. Il coronamento delle montagne innevate chiude l'incantevole visione. L'occhio si destreggia per veder dei particolari ma si perde nella vastità di questo immenso territorio perennemente soleggiato e battuto dal vento del nord. Tashkent significa "città di pietra" parte degli gli edifici sono costruiti utilizzando pietra e marmo. Questo per la vicinanza delle montagne, dove sono presenti le cave. La città fu distrutta da Gengis Khan e rinacque con Tamerlano. Terminato il pranzo abbandoniamo il ristorante ed iniziamo, il tour della città, noto le tradizionali abitazioni uzbeke, sempre realizzate in mattoni d'argilla e paglia, sono caratterizzate da alti, imponenti e continui muri che ne delimitano la cinta, l'entrata avviene da un portone centrale, che molte volte corrisponde al passo carraio, in altre volte vi è una porta pedonale. L'accesso principale immette in un cortile interno dove, gli edifici hanno una serie di finestre che danno solo verso l'interno del cortile. Ogni abitazione ha un proprio giardino, in parte coltivato a fiori, in parte coltivato ad ortaggi. Vi sono sempre piante che con la loro ombra riparano dalla calura del sole. Il portico ligneo è un'altra caratteristica, sotto al portico, enormi divani servono per bere il caffè, per mangiare e per trascorrere il tempo in compagnia di conoscenti. Dopo il terremoto del 1948 non è rimasto molto da vedere, le prime scosse sismiche hanno spaventato la popolazione la quale ha avuto modo di rifugiarsi all'esterno delle abitazioni. Successive ed interminabili scosse hanno letteralmente raso al suolo la città lasciando solo una piccola parte semidistrutta; è la parte oggi visitabile come "città vecchia". Lasciata una strada principale, girando a sinistra, entriamo nelle strette vie della vecchia città, ma subito ritroviamo un'altro ampio viale, la parte rimasta è veramente poca. Il pullman si ferma, noi scendiamo e nell'arco di poche centinaia di metri si ha tutto da visitare. Cominciamo la visita con il Mausoleo di Kaffol Shosbiy, del XVI sec. dedicato ad un santo locale. Il mausoleo viene chiamato "Colomba bianca, pace per la città" secondo la tradizione russa e, secondo la tradizione uzbeka, viene chiamato "Fabbro che fa i lucchetti di Tashkent", il santo riverito era un fabbro ed uno studioso della religione islamica, verso la fine della sua vita divenne un insegnante. L'edificio è stato ristrutturato dopo l'indipendenza, all'interno la tomba del santo, dei figli e di altre persone. Attualmente è un luogo di pellegrinaggio di tutto il centro Asia. Proseguiamo il giro, attraversando al strada ed arriviamo alla Madrasa di Barak Khan (LP 192), del XVI sec., dedicata ad uno studioso della religione islamica. L'edificio è ad un piano solo, completamente rifatto e restaurato, anch'esso dopo l'indipendenza. Attualmente è la sede degli uffici dell'amministrazione islamica uzbeka, prima degli attentati del 1996 era la sede dei responsabili religiosi islamici dell'intera Asia centrale. Accediamo all'interno, ma della Madrasa è visitabile solo il cortile. Attraversiamo la strada ed entriamo nel cortile della Moschea di Telyshayakh (LP 192), la Moschea estiva è una struttura costruita con dei pali di legno e copertura in lamiera di ferro ondulata. La Moschea precedente era stata demolita per la ricostruzione, ma la mancanza di fondi ha fermato i lavori. Come usanza locale anche qui chiedono dei soldi per fotografare, ma sinceramente fotografare la paletteria di cantiere proprio non m'interessa. .... segue ....
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