C come Cataloghi

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view post Posted on 2/5/2010, 09:48


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Siccome molte persone scelgono la meta in base ai cataloghi dei T.O. e non in base alle guide, mi sembra utile una riflessione su questo articolo di Anna Maspero, tratto da www.ilreporter.com su licenza Creative Common

C come Cataloghi

Una ricerca ha dimostrato che servono otto chili di depliant turistici per avere un terzo delle informazioni contenute in una guida. Eppure per la maggior parte di noi la fonte delle informazioni per decidere dove, quando e come viaggiare sono ancora i cataloghi dei tour operator, un tempo solo cartacei e raccolti un tanto al chilo in agenzia, oggi sempre più spesso sostituiti da quelli online. Per molti turisti i cataloghi rimangono addirittura il solo materiale consultato, a cui qualche volta si aggiungono le riviste di settore, che però, per pubblicità diretta e occulta, spesso non si discostano di molto da una brochure turistica. Guide e letteratura di viaggio vengono dopo, a scelta fatta, e non sempre.

In una società governata dalla pubblicità, è inevitabile che gli stessi meccanismi regolino anche il turismo, di fatto un bene di consumo come altri. I cataloghi sono semplici strumenti commerciali, certo curati e attraenti, ma proprio perché finalizzati alla promozione e alla vendita del prodotto-vacanza più che all’informazione. E’ sufficiente sfogliarne le pagine patinate per avere la piacevole sensazione di viaggiare di paese in paese con l’intero mondo a nostra disposizione: prodotti esclusivi ma in pacchetti preconfezionati, destinazioni privilegiate ma offerte anche a noi, paradisi esotici ma raggiungibili con un volo charter, magari scontato.

Gli ingredienti dell’offerta turistica sono sempre gli stessi: molte le immagini evocative e rassicuranti, poche e scontate le informazioni sul paese reale con le sue ombre e le sue luci. Trionfano sole, mare e natura incontaminata, non stona un tocco d’esotismo e di tradizione, la popolazione poi è sempre ospitale, sorridente e “disponibile”. In realtà più che ciò che è scritto nei cataloghi, dovremmo osservarne le omissioni: niente caldo-umido, niente insetti né malaria, nessun accenno alla povertà della popolazione o a eventuali rischi per il viaggiatore. Come ogni prodotto di marketing, i cataloghi devono adattarsi alle aspettative del cliente, alimentare desideri e rassicurare, mettendo a tacere paure e dubbi.

I contenuti sono veicolati da un linguaggio stereotipato e sovrabbondante di superlativi, ma soprattutto trionfano le immagini, perché in una cultura sempre più visiva il prodotto-viaggio è particolarmente adatto a essere trasformato in un’icona. Le fotografie, da corredo utile ad illustrare la proposta di viaggio, si sono trasformate nella rappresentazione del prodotto stesso che si acquista, nutrendo immaginario e aspettative del cliente. Così il turista durante il viaggio cercherà più o meno consapevolmente proprio quelle stesse immagini da immortalare nelle memorie digitali della sua macchina fotografica, diventando egli stesso strumento di rinforzo e trasmissione degli stereotipi turistici dei luoghi. Il viaggio di scoperta si trasforma in una semplice ricerca di conferma delle aspettative. E là dove la modernità, nel bene e nel male, ha cancellato quel mondo tradizionale e “autentico” che gli era stato promesso, il turista si sente deluso, anzi truffato.

Forse dovremmo sforzarci tutti, giornalisti, tour operator e viaggiatori, di ricomporre l’immagine del mondo così da rinunciare a inutili finzioni e far coincidere la geografia turistica con il mondo reale.

Per approfondire: Fabrizio Carbone, “I coralli sono morti”, Stampa Alternativa. Storie vere di luoghi turistici.
 
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