Da Marsa Alam all’antica Luxor, di Marisa Coluzzi

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view post Posted on 17/5/2010, 17:42


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Da Marsa Alam all’antica Luxor
di Marisa Coluzzi - fonte: www.ilreporter.com su Licenza Creative Common

Egitto. Sbarco a Marsa Alam (che significa “baia della bandiera”), cittadina della costa occidentale del Mar Rosso. La località prende il nome dalla piccolissima e insignificante cittadina a circa 40 km a Sud dall’aeroporto internazionale, ma, per estensione, tutta la costa, lunga 300 km, prende questo nome.

L’apertura nel 2001 di un aeroporto internazionale ha fatto sì che questo piccolo villaggio di pescatori diventasse una popolare destinazione turistica grazie alla suo mare incontaminato e alla sua meravigliosa barriera corallina ricca di pesci variopinti.

All’arrivo nel resort ci vengono descritte le possibili escursioni da fare e subito la voglia di visitare mi prende la mano dimenticando ben presto l’assoluto riposo che mi ero ripromessa. E via si riparte. Levataccia alle cinque di mattina destinazione Luxor. La città, situata dove sorgeva la città di Tebe, antica capitale dell’Egitto, ci accoglie con i suoi 37° in un’atmosfera afosa e caotica.

Ben presto, però, veniamo ripagati dagli sforzi fatti per acclimatarci a questo caldo infernale con la visita al tempio di Karnak in compagnia della nostra guida a dir poco sui generis: il “Professore”, come lo chiamavano tutti, Francis Amin.

Pantaloni bianchi, candida camicia con tanto di iniziali ricamate, il nostro “egittologo” subito dà sfoggio della sua simpatia e, soprattutto, della sua conoscenza dell’antico Egitto.
Da bravo archeologo, Francis legge le antiche iscrizioni geroglifiche come se avesse tra le mani un qualsiasi quotidiano moderno, ci indica gli scorci più belli da fotografare e ci regala battute esilaranti tutto in un perfetto e fluente italiano.

Visitiamo il tempio di Luxor, i Giganti di Mennon e resistiamo persino alla torrida afa pomeridiana nella desolata e arsa Valle dei Re, che per quasi 500 anni, a partire dalla XVIII sino alla XX dinastia, venne scelta quale sede delle sepolture dei sovrani dell’antico Egitto.

Entriamo nella tomba di Ramses IV e in quella di Tutankhamon, sempre con il nostro egittologo che tiene vivida l’attenzione con cenni storici e battute esilaranti: “vedete i falli raffigurati sulla vostra testa…vedete le donne felici che danzano più avanti…?”. Che dire: ci divertiamo dimenticando il caldo che in quella valle desertica ci opprime.

Nel tardo pomeriggio Francis si concede da noi e, con con quel senso di velata amarezza che mi accompagna ogni volta che ritorno da un viaggio, sprofondo sul sedile dell’autobus che ci riporta al villaggio e mi rilasso con sottofondo il chiacchiericcio in lingua araba tra l’autista e la guida che non smette se non all’arrivo, dopo quattro lunghe ore di viaggio.

E pensavo di rilassarmi davvero il giorno successivo sdraiata su una spiaggia bellissima lambita da un mare a dir poco favoloso. Ma ecco quel volantino consegnatoci all’arrivo; leggo: “giovedì: escursione a Shalateen lontano dai soliti itinerari turistici”. Come può non incuriosirmi? Ci devo andare, anzi dobbiamo andarci, perché questa volta siamo in quattro amici ad essere incuriositi da quest’ultima frontiera ai confini con il Sudan dove si tiene il più grande mercato di cammelli dell’ Egitto.

Ennesima levataccia e partiamo. Questa volta siamo solo noi quattro del villaggio e capiamo quest’escursione ha molto poco di turistica. Dobbiamo infatti girare per un’altra decina di resort per riempire metà autobus, prima di passare l’ennesimo posto di blocco presso Berenice aldilà del quale non ci sono più costruzioni.

Ci viene detto che questa parte di deserto, attualmente zona militare, è stata già tutta acquistata da magnati arabi: già la immagino tra una decina di anni deturpata da centinaia di villaggi turistici. Dopo più di tre ore eccoci catapultati in una località fuori dal tempo e surreale: centinaia di dromedari tutti con la zampa anteriore legata affinché non possano fuggire.

Assistiamo alla loro contrattazione, vendita e imbarco sui camion che avviene con non poca brutalità. Vediamo il mattatoio, una struttura con una torre stile fascista antistante al quale si scorgono piccoli resti di questi animali ormai essiccati al sole. Camminiamo in mezzo a questa polvere che il vento alza insieme agli odori aspri che respiriamo, mentre diventiamo distaccati spettatori di una desolante povertà, accerchiati da decine di bambini che vendono di tutto mettendosi in posa per farsi fotografare.

Ma allora mi chiederete: cosa c’è da vedere a Shalateen? Io vi rispondo: un altro tempo. E quando la sera arriva, ritorniamo al nostro resort a cinque stelle su quella strada dritta e desolata, con il sole che tramonta aldilà di quel deserto piatto color ocra che forse tra qualche anno non sarà più.

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